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Le bottiglie di pomodoro cilentano: tra rito magico e tradizione gastronomica

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Le bottiglie di pomodoro cilentano: tra rito magico e tradizione gastronomica

Una tradizione gastronomica, ma pure un rito magico, brilla ancora nella colorata e avvincente storia culturale del Cilento: quella delle “bottiglie di pomodoro”. Tra storie e tantissime filastrocche, queste bottiglie venivano infatti riempite di pomodori, ma pure di racconti e tantissimo sapore. Era un lavoro intenso, a tratti anche stancante, ma così significativo da richiamare sempre le donne di ogni borgo. Donne che, pur coinvolgendo le intere famiglie nell’intensa operazione, coglievano proprio in queste bottiglie di pomodoro anche l’eccezionale occasione di stare bene insieme e tramandare il proprio passato, la propria storia e soprattutto la propria identità culinaria.

Le bottiglie di pomodoro: tra magia e saporiti ricordi

Per preparare le bottiglie di pomodoro esisteva inoltre un procedimento preciso: si iniziava sempre la sera; al calar del sole e con il primo fresco; ma non solo. Anche la spartizione dei compiti era altrettanto definita. Tutti gli uomini di famiglia si occupavano infatti della raccolta dei pomodori in campagna; mentre le donne, con il “cercine”, e cioè una fascia di tela rigirata che impediva ai pesi trasportati di danneggiare la testa, riportavano le ceste riempite a casa. I pomodori, qui, venivano lavati e messi ad asciugare; così come per le bottiglie in vetro. Una piccola e ultima attesa prima del rito magico più colorato di sempre.

Leggende e credenze in bottiglia

Il rito iniziava infatti all’alba del giorno dopo. O almeno, non per tutti. Una radicata credenza popolare prevedeva infatti che una donna con il suo ciclo mestruale proprio in quel giorno non avrebbe potuto partecipare alla tradizione; rimanere ben lontana dalla zona della preparazione e soprattutto non toccare i pomodori per non farli andare a male. Ma ad eccezione di queste  piccole “sventurate”, tutti prendevano parte al rito e ognuno aveva il suo compito preciso. Si trattava quasi di una catena umana: e se c’era chi schiacciava i pomodori nel macchinario, c’era poi chi raccoglieva il sugo,  chi lo imbottigliava e chi, infine, chiudeva le bottiglie e controllava il calderone.

La magia di una tradizione Cilentana

In campagna veniva inoltre acceso un grosso fuoco circondato da pietre e su cui veniva montato un treppiedi per reggere il calderone. Una volta portato a bollore, in questo calderone, si immergevano dunque  le bottiglie e vi si lasciavano a mollo per almeno due ore avvolte nei panni di cotone. Capovolte e lasciate, infine, a raffreddare, le bottiglie di pomodoro per la provvista invernale erano ormai pronte per l’intero vicinato. Un inverno freddo e intenso che sarebbe stato, ancora una volta, colorato di calda passione, infinito sapore e immensa cultura, proprio grazie alle bottiglie di bontà e tradizione cilentana.